“I continui ritardi e gli slittamenti nei tempi dei lavori di messa in galleggiamento e rimozione della Concordia, necessitano di spiegazioni precise. Le preoccupazioni a riguardo sono purtroppo quelle che da tempo Legambiente sta esprimendo. I rallentamenti dovuti anche alle trivellazioni e alle fessurazioni del granito rendono la tempistica sempre meno chiara. Chiediamo per questo maggiore chiarezza sui problemi riscontrati, sulla situazione che si sta delineando e sulla necessità di approntare da subito un serio piano d’emergenza, soprattutto alla luce dell’ennesimo ritardo annunciato che farà slittare il galleggiamento dopo settembre 2013”.
Sottolineiamo con forza che il progetto prescelto non ha visto una partecipazione attiva nella selezione delle istituzioni italiane che hanno di fatto affidato alla società Costa la scelta del migliore percorso da seguire per la rimozione della nave. Occorre a questo punto sottoporre il progetto prescelto a una attenta revisione per evitare di dilazionare ulteriormente i tempi con il grave rischio di danni all’ecosistema marino e all’immagine e ai flussi turistici dell’Isola del Giglio. Anche l’aumento esorbitante dei costi di intervento (oltre il 25%) che supera i 400 milioni di dollari, unito alle continue modifiche e variazioni del progetto, sono l’ennesima testimonianza, nonostante l’enorme impiego di forze (400 addetti e 20 mezzi navali di supporto), della vulnerabilità delle azioni programmate per la rimozione della nave.
“In un momento delicato come questo – spiega Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente – è fondamentale mantenere lo stato d’emergenza e prorogare la nomina di Gabrielli come commissario delegato per il recupero e il trasferimento della nave. Bisogna anche accelerare i tempi di rimozione del relitto dalle acque dell’Isola del Giglio e ripristinare al più presto l’ecosistema marino. Infatti i continui ritardi non fanno altro che aumentare il rischio di pericolosi sversamenti in mare dell’enorme quantità di sostanze tossiche presenti nella città galleggiante. Lo scafo del relitto continua a deformarsi e periodicamente assistiamo alla fuoriuscita di sostanze inquinanti. Per quanto riguarda lo spostamento della nave è necessario portarla a Piombino, che è il porto più vicino, e non a Palermo o in altre città lontane, così da ridurre al massimo il pericolo di inabissamento”.
“Rimaniamo fortemente insoddisfatti – aggiunge Angelo Gentili, segreteria nazionale di Legambiente – anche rispetto al decreto rotte, che non risulta essere efficace visti i limiti oggettivi che contiene che non escludono la possibilità di nuovi inchini in prossimità delle isole minori nonché di attraversamento di aree delicate come quella di Venezia: è inconcepibile che dopo un disastro così grave, a distanza di un anno dal gravissimo incidente che ha comportato la morte di 32 persone, non si sia capita la lezione e non si siano fatti puntuali interventi legislativi affinché eventi di questo tipo non possano più accadere”