Secondo l’ultimo rapporto sugli spiaggiamenti registrati dalla Bds (Banca dati spiaggiamenti) realizzato dal Prof. Gianni Pavan in collaborazione con Elisabetta Bernuzzi e Michela Podestà, nel primo trimestre 2013 risultano spiaggiati in totale 125 animali: “Il dato – si legge nel rapporto della Bds – appare molto superiore alle medie mensili registrate negli anni precedenti e in particolare la specie stenella (Stenella coeruleoalba) mostra un incremento di circa 8 volte rispetto alle medie degli ultimi 10 e 20 anni. Anche il numero di esemplari non identificati a causa dell’avanzato stato di decomposizione appare lievemente superiore, o perché tali “undetermined” in alcuni casi possono essere stenelle, o semplicemente per l’aumentata l’attenzione anche per carcasse e resti in precedenza non considerati”.
Sono quindi 94 gli spiaggiamenti accertati di esemplari morti di stenella striata (stenella coeruleoalba). L’ultimo caso censito dalla Bds (Banca dati spiaggiamenti) risale al 31 marzo vicino a Talamone (Grosseto).
Al momento i principali indagati della straordinaria morìa cominciata a inizio d’anno rimangono il morbillo (morbillivirus delphini) e il batterio photobacterium damselae, anche se l’importanza data in precedenza al morbillo sembra diminuire in seguito alle ultime scoperte dei ricercatori del Cert (Cetaceans stranding emergency response team).
Le strutture di ricerca e analisi intervenute fanno parte del servizio allestito dai ministeri dell’Ambiente e della Salute con la collaborazione della Guardia costiera, degli Istituti zooprofilattici, di diverse università e di altre organizzazioni.
Nel dettaglio, il virus è stato rintracciato in circa il 35% delle carcasse finora analizzate (aveva sofferto il morbillo circa il 50% dei delfini trovati nelle prime settimane dell’anno). Inoltre – nonostante la presenza del virus del morbillo su diversi animali morti – durante le autopsie non sono state riscontrate le lesioni ai tessuti tipiche delle infezioni mortali. I ricercatori al momento sembrano concentrare le loro attenzioni sul fatto che tutte le stenelle ritrovate finora presentano un quadro immunitario fortemente compromesso.
Inoltre la popolazione di stenelle presenti nelle nostre acque è notevolmente aumentata nel corso degli ultimi anni invadendo habitat un tempo occupati dal delfino comune (delphinus delphis, scomparso dalle acque italiane nel corso degli ultimi 10 anni e migrato in aree estreme come il mar Egeo e le acque adiacenti lo stretto di Gibilterra). E’ dunque possibile che l’aumento demografico abbia esposto le stenelle a habitat costieri con acque meno salubri rispetto al mare aperto. In quasi tutti gli animali analizzati non sono state trovate tracce di cibo nello stomaco. Le stenelle si cibano prevalentemente di piccole prede come naselli, seppie, calamari e sogliole, tutte specie soggette a attività di pesca intensiva. Quindi, stando a queste nuove ipotesi, si potrebbe affermare che non si tratterebbe più di una sola causa scatenante, ma di una serie di concause: precisamente, la somma di un aumento della popolazione di stenelle; scarsità di cibo a causa della pesca intensiva; e il poco cibo disponibile, più inquinato a causa dell’invasione di habitat costieri