“La scelta del commissariamento dell’Ilva di Taranto, inevitabile conseguenza delle gravi e reiterate inadempienze dell’azienda nell’applicazione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, è stata accolta da Legambiente come l’unica, estrema possibilità di affrontare il risanamento degli impianti e del territorio tarantino senza chiudere la fabbrica. Il Decreto 61, che andrà in discussione al Senato nella versione modificata in senso peggiorativo dalla Camera dei Deputati, rischia di diventare la pietra tombale del risanamento degli impianti se non verrà profondamente emendato. Nel testo in discussione si conferma ancora una volta, infatti, l’uso di particolare solerzia e sensibilità per i provvedimenti che garantiscono l’azienda e la produzione mentre si posticipano, se non si omettono del tutto, le attività a difesa della salute e dell’ambiente”.
È questo il commento di Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, in occasione dell’audizione in Prefettura con i rappresentanti delle Commissioni Ambiente e Industria del Senato, a cui ha partecipato la presidente del Circolo Legambiente di Taranto, Lunetta Franco.
Durante l’audizione l’associazione ambientalista ha presentato le sue proposte di emendamento al decreto 61 – il cosiddetto salva Ilva bis – che sarà a breve discusso al Senato, chiedendo profonde modifiche a tutela della salute e dell’ambiente.
Secondo l’associazione ambientalista la vicenda Ilva sta producendo una legislazione straordinaria in campo ambientale che rischia di modificare i capisaldi dell’attuale normativa ambientale senza la dovuta consapevolezza degli effetti che potrebbero prodursi nel nostro Paese a scapito della difesa dell’ambiente e della salute, della trasparenza delle procedure e dei contrappesi democratici a garanzia dei cittadini. Tale legislazione straordinaria sembra andare nel senso di un ulteriore intollerabile allungamento dei tempi di attuazione delle prescrizioni imposte dall’AIA e di un depotenziamento – se non proprio della eliminazione di strumenti e figure, come la Valutazione del Danno Sanitario o il Garante – che garantivano salute e ambiente fungendo da contrappeso alla potenza di fuoco messa in campo dall’Ilva e da Federacciai in questa vicenda.
“Come leggere, se non con questa prospettiva, lo slittamento di circa un anno dei termini per l’applicazione dell’Aia? – denuncia Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia – E il depotenziamento pressoché assoluto della valutazione del danno sanitario presentata da Arpa Puglia, uno degli elementi portanti dell’AIA emanata il 26 ottobre scorso? Nel decreto in discussione la valutazione del danno sanitario, se anche desse esiti catastrofici, non comporterebbe un riesame automatico dell’Aia che può essere richiesto dalla Regione, ma può altresì essere negato dal Governo. Nello stesso decreto si prevede che la valutazione del danno sanitario debba essere conforme ai criteri metodologici – molto meno protettivi della salute pubblica rispetto a quelli utilizzati da ARPA Puglia in base alla legge regionale – stabiliti da un decreto interministeriale attualmente all’esame della Corte dei Conti”.
Altrettanto grave per Legambiente sarebbe la proposta di emendamento apparsa in alcune indiscrezioni di stampa che, dopo sette anni di lavori e le contestazioni dell’Unione Europea, abolisce l’iter di discussione e approvazione dell’Aia per discariche, acque e rifiuti, prescrivendo che la stessa Aia per questi settori dell’Ilva sia concessa entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge, evidentemente senza alcuna possibilità di confronto con i portatori di interesse. Anziché accelerare il normale procedimento per giungere a un’Aia efficace e corretta, si bypassano le procedure, senza tener conto della convenzione di Aarhus cui pure si fa appello nel decreto e il coinvolgimento dei cittadini.