Alla luce del nuovo allarme aviaria, che nei giorni scorsi ha già portato all’abbattimento oltre 230.000 tra polli, tacchini e altre specie avicole nel nostro Paese, l’Enpa sottolinea con forza la responsabilità ormai accertata degli allevamenti intensivi quali causa e fonte primaria di diffusione del virus.
“Quando migliaia di animali sono vaccinati, sottoposti a trattamenti con sulfamidici ed altri farmaci che si rendono necessari proprio per la modalità di allevamento che prevede che gli animali siano ammassati in poche decine di metri quadrati, è inevitabile – spiega la Protezione Animali – che il virus si manifesti e che vi sia una rapida diffusione della patologia in modo pressoché istantaneo da un esemplare all’altro.”
Secondo l’Enpa, e come confermano numerose ricerche scientifiche, gli allevamenti, oltre ad obbligare gli animali a vivere in condizioni innaturali e di grave deprivazione, agirebbero come fattore di moltiplicazione del rischio virologico.
Con una ulteriore aggravante. L’Italia, infatti, è sotto procedura d’infrazione europea per non avere ancora adempiuto alla direttive europea relativa alle galline ovaiole. «Una direttiva che – osserva Ilaria Ferri, direttore scientifico dell’Enpa – è stata voluta dall’Unione Europea non solo per migliorare le condizioni di vita degli animali costretti ad essere sfruttati dall’uomo, ma anche con l’obiettivo di prevenire possibili emergenze in ambito igienico- sanitario.»
«Com’è logico che sia, siamo estremamente preoccupati per questa nuova crisi legata all’aviaria e per l’abbattimento preventivo di migliaia di uccelli – prosegue Ferri -. Queste creature sono vittima due volte della follia umana e massacrate per scongiurare un pericolo creato dall’uomo stesso con l’industria dell’allevamento. Sono metodi inaccettabili che ci obbligano e richiamano necessariamente ad una seria riflessione non solo etica, ma anche economica.»
Secondo l’Enpa l’unico modo per garantire un trattamento realmente etico agli animali ed evitare il ripresentarsi di allarmi ed emergenze, è quello di chiudere una volta per tutte con il consumo di carne, abbracciando la dieta vegetariana e vegana. Nel frattempo, per evitare il diffondersi del virus, l’ente suggerisce di fermare anche la caccia, un’attività a rischio, che, con l’uccisione degli animali e con l’utilizzo dei richiami vivi da allevamento, potrebbe avere, anch’esso un ruolo importante nel propagarsi dell’influenza aviaria.