Agghiaccianti rivelazioni da parte di Francesca Chiarelli, figlia di Isidoro, notaio di Longarone, Belluno, che gettano un’ombra sinistra sulla tragedia del Vajont, avvenuta nel 1963.
La donna racconta che il padre si trovava nell’ufficio della Sade, la società che ha progettato la diga, quando assistette a una conversazione tra alcuni dirigenti dell’azienda, che parlavano del piano per far crollare in maniera controllata una frana che rischiava di staccarsi dal monte.
“Facciamola tra le 9 e le 10 di sera, così saranno tutti davanti al televisore a vedere la partita. Non avvisiamo nessuno, tanto non se ne accorgeranno neppure. Per quei quattro montanari in giro per i boschi non c’è da preoccuparsi. Abbiamo fatto una simulazione, le onde saranno alte al massimo 30 metri”.
I calcoli però si rivelarono errati e le onde scatenate dalla frana programmata arrivarono in paese ad un’altezza dieci volte superiore alle simulazioni, uccidendo duemila persone.
L’azienda aveva fretta di consegnare all’Enel la diga, nel più breve tempo possibile e non poteva correre il rischio che l’opera potesse essere sotto il rischio frana, secondo la ricostruzione della donna.
Il notaio, scomparso nel 2004, non rispettò il segreto che i dirigenti gli avevano imposto e per questo motivo ebbe forti ripercussioni sul lavoro. “La sera dell’eccidio -conclude Francesca Chiarelli – ci fece scappare affinchè non fossimo anche noi tra le vittime della tragedia”