Nemmeno gli Eschimesi Inuit posso commercializzare pelli e derivati di foche. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha respinto, per la seconda volta dopo la sentenza di primo grado, il ricorso presentato dagli Inuit – una popolazione dell’Artico facente parte degli eschimesi – per chiedere l’annullamento del Regolamento Ue 1007/2009 che vieta sul territorio comunitario il commercio di pelli e derivati di foca, ricavati dalla caccia commerciale.
”Finalmente si comincia a leggere la parola fine su una delle più cruente forme di sfruttamento degli animali, nota per le indicibili violenze con cui vengono uccise le foche – dichiara Simone Pavesi, responsabile Lav Campagna Pellicce – una sentenza storica che segna il possibile e auspicato traguardo di un contenzioso che non è ancora definitivamente concluso, a causa di un ulteriore tentativo di fare cadere il bando europeo presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio”.
La Corte europea ha confermato la pronuncia del Tribunale, che già si era espresso negativamente sulla richiesta di annullarre il regolamento europeo, avanzata da un’organizzazione che rappresenta gli interessi degli Inuit canadesi (una popolazione che, insieme agli Yupik), nonchè produttori e commercianti di prodotti derivati dalla foca. Nella sentenza di primo grado emanata dalla corte di giustizia Ue si legge che ”Il ricorso è irricevibile” e di conseguenza anche l’impugnazione della sentenza è stata respinta. Gli Inuit sono inoltre condannati al pagamento delle spese processuali del Parlamento europeo e deal Consiglio dell’Unione Europea.
”E’ sufficiente ripercorrere le numerose tappe giudiziarie del contenzioso per l’annullamento della normativa europea che ha salvato la vita di milioni di foche e dei loro cuccioli, per comprendere quanto gli interessi economici dell’industria della pellicceria e della trasformazione dei prodotti di foca siano stati duramente colpiti dal bando comunitario – prosegue Pavesi – Prima ancora che diventasse effettivo il divieto al commercio nel mercato europeo di prodotti ricavati dalla caccia commerciale delle foche (ampiamente praticata in Canada e non solo), vari soggetti interessati allo sfruttamento di questi animali avevano già presentato un formale ricorso”