I clan dei Casalesi, che hanno gestito il business dei rifiuti, hanno incassato fino a 500mila lire a fusto per smaltire nelle campagne il materiale che bisogna trattare in modo diverso e, ovviamente, con costi diversi.
Lo ha rivelato nell’audizione resa alla Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti il boss pentito Carmine Schiavone. Da ieri quell’audizione, rimasta segreta per lunghi anni, è pubblica.
Per smaltire questi fusti occorreva un’attrezzatura speciale, ha detto Schiavone, ed il costo dell’operazione oscillava intorno ai due milioni e mezzo lire a fusto.
I clan della camorra si facevano carico invece dello smaltimento per cinquecentomila lire. In diversi anni i camion provenienti dal nord, ha aggiunto ancora Schiavone, avrebbero portato in zona di tonnellate di rifiuti.
Lungo il litorale domiziano si prelevava la sabbia, tra la fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90, per confezionare il calcestruzzo e poi le vasche, indicati come i “laghetti”, venivano riempite di rifiuti, come rivelato da Carmine Schiavone.
Il boss ha raccontato anche degli intrecci di interessi dei clan locali per la gestione del business dei rifiuti tossici ricordando che proprio in conseguenza del dragaggio della sabbia ”vi era una potenzialità di scarico enorme”. Il boss pentito ha fatto anche riferimento ad un evento accaduto nel mese di febbraio del 1991 quando un autista italo americano rimase ferito agli occhi mentre stava scaricando alcuni fusti con sostanze nocive in un’area posta al confine tra i Comuni di Qualiano e Villaricca. Secondo quando raccontato da Schiavone in una cava della zona furono scaricati ben 520 fusti tossici.