La rete fognaria della raffineria Tamoil di Cremona era costituita da tubi vecchissimi, realizzati in klinker, con rotture ed erosioni.
È quanto emerso dalle testimonianze di Luigi Tomaselli, dipendente della Idroambiente, società di Bollate (Milano) che ha eseguito le videoispezioni della rete fognaria, e da un ex dipendente, ora in pensione, sentiti oggi come testimoni al processo che si sta celebrando con il rito abbreviato davanti al gup del tribunale di Cremona, Guido Salvini, sull’inquinamento del suolo e della falda acquifera, causato, per il pm Fabio Saponara, dalla raffineria.
I due testimoni erano già stati sentiti dagli inquirenti lo scorso ottobre, nell’ambito di un procedimento aperto dal pm Saponara in seguito a un esposto anonimo. Dalle carte dell’inchiesta è emerso che la dirigenza Tamoil faceva quotidiane riunioni tecniche, sapeva di inquinare, ma lo ha sottaciuto persino al Comune di Cremona e all’Agenzia regionale per l’ambiente.
Tomaselli ha raccontato che tutto iniziò con un’ispezione fatta alla fine del 2004 sui pozzi 6 e 7 per incrostazioni e puliture dei filtri. In particolare, il lavoro eseguito sul pozzo 7 consentì di rilevare potenziali criticità strutturali alla rete fognaria. Tra l’altro, il Comune aveva chiesto un’ispezione già il 27 maggio del 2003, ma Tamoil non aveva risposto, tanto che il 17 dicembre successivo dal Comune era partito un sollecito. Il primo lavoro che fa la raffineria, ha spiegato l’ex dipendente, è di togliere l’acqua dal greggio, che essendo più leggero sta in alto. Per togliere l’acqua si apriva una valvola e nelle fogne andava tantissima acqua sporca di idrocarburi che finiva in tubi rotti e quindi direttamente in falda. Il 20 gennaio prossimo saranno sentiti altri due ex dipendenti.