Energia termica dal magma: una scoperta avvenuta quasi casualmente, ma innovativa, che permette di sfruttare il calore di questo elemento naturale, altrimenti confinato ad essere considerato mero pericolo per le attività umane.
È quanto è accaduto in Islanda, terra ricca di formazioni vulcaniche, dove nel 2000 ha preso avvio il progetto “Iceland Deep Drilling Project” (IDDP) con lo scopo di incrementare la produzione nazionale di energia geotermica sul territorio nazionale. Tra il 2008 e il 2009, dopo numerose sperimentazioni e studi di fattibilità che hanno attirato l’attenzione del mondo scientifico internazionale, nella località di Krafla è stata implementata la prima trivellazione (IDDP-1), tuttavia, a 2014m di profondità, i tecnici si sono imbattuti in uno strato di magma (evento raro nelle trivellazioni per questo genere di ricerche) fino a quel momento non tenuto in considerazione per la produzione di energia geotermica.
La scommessa (in questo caso vincente) è stata quella di provare ad utilizzare l’energia del magma per ottenere il vapore necessario a muovere delle turbine. Il pozzo è stato dunque messo in sicurezza con un flusso di vapore stabile a 450°C per poter essere sfruttato adeguatamente: è stato stimato che, dopo l’installazione delle turbine, l’impianto sarà capace di produrre una quantità di energia pari a 36 MW, dimostrando un rendimento alto e soprattutto duraturo, poiché infatti stiamo parlando un una fonte di energia rinnovabile.
Questo genere di pozzo, in confronto a quelli petroliferi, offre numerosi vantaggi perché non solo necessita di investimenti minori, ma è anche alimentato da una fonte di energia rinnovabile e, quindi, di durata potenzialmente infinita. La lezione dell’esperienza islandese non è solo di tipo tecnologico, ma dovrebbe stimolarci a riflettere sulla capacità di investire sulle risorse energetiche esistenti, mettendo in campo i mezzi necessari e dando vita a processi che portino alla loro valorizzazione.
Noemi Galbiati