A settembre dello scorso anno la Commissione Europea ha pubblicato la proposta del Regolamento sulle Specie Esotiche Invasive (IAS- Invasive Alien Species), testo del quale l’ecosistema ha bisogno al più presto.
Anche l’illustre entomologo E.O. Wilson nel suo libro “La Creazione” riconosce, infatti, all’introduzione di organismi alloctoni un ruolo incisivo nella perdita della biodiversità, ponendo tale minaccia seconda solo all’inquinamento. In Europa sono circa 12.000 le specie che, per azione diretta o indiretta dell’uomo, si trovano all’esterno del loro areale naturale di distribuzione. Tale fenomeno è essenzialmente legato ai cambiamenti climatici e alla globalizzazione, fattori che, agendo simultaneamente, producono un impatto ancora più negativo.
Mentre la globalizzazione favorisce lo spostamento delle specie attraverso scambi sempre più frequenti, l’aumento delle temperature permette, infatti, alle specie aliene di diffondersi. Il surriscaldamento globale consente l’espansione di questi organismi in regioni nelle quali prima non avrebbero potuto sopravvivere ne tanto meno riprodursi. In casi estremi, per effetto indiretto dei cambiamenti climatici, alcuni ecosistemi sono mutati a tal punto da essere diventati più ospitali per le specie alloctone che per quelle locali, destinate così ad essere sopraffatte.
L’impatto devastante originato da una specie alloctona può essere dovuto alla superiorità competitiva nei confronti delle specie indigene (scoiattolo grigio) o all’ibridazione con le specie autoctone (gobbo della Giamaica), all’alterazione della rete trofica (gambero killer) o a modifiche dei paesaggi (nutria). Le conseguenze posso coinvolgere direttamente l’uomo con la diffusione per esempio di allergie (ambrosia). In Italia sono circa 2.236 le specie esotiche invasive presenti ed è proprio su una di questa che verterà il Convegno del 17 marzo tenuto dalla Regione Lombardia. Il Tarlo asiatico (Anoplophora chinensis) è un coleottero xilofago che durante la fase larvale scava profonde gallerie nei tronchi compromettendo la stabilità della pianta e aprendo vie per patogeni secondari. È stato avvistato per la prima volta nel 2000 e nel 2007 è stato emanato il DM che ne impone la lotta obbligatoria. E se salvare la biodiversità può non essere un movente abbastanza forte, sicuramente lo è il risparmio economico dal momento che questi ospiti, fra danni e programmi di eradicazione, costano all’UE circa 12,5 miliardi di euro l’anno.
Claudia Ferrario