C’era una volta, miliardi di anni fa, un pianeta molto caldo, con poco ossigeno in mare e in atmosfera. In questo posto inospitale nessuna forma di vita avanzata avrebbe potuto adattarsi e gli unici coraggiosi abitanti erano organismi elementari destinati a rimanere di dimensioni microscopiche.
Fino a circa 750/500 milioni di anni fa, infatti, i livelli di ossigeno sulla Terra erano talmente bassi da permettere la sopravvivenza solo di batteri primitivi e di organismi monocellulari che utilizzavano l’idrogeno o il solfito come fonte di energia. Poi la svolta.
La quantità di ossigeno iniziò a crescere, comparvero i primi organismi complessi e via via sempre più avanti nell’infinito percorso dell’evoluzione. Dall’aumento di ossigeno alla vita. O forse il contrario. “Le grandi concentrazioni di ossigeno, come le conosciamo oggi, sono il risultato della vita stessa”, questo, infatti, quanto sostenuto da Friedrich Temps, docente di chimicafisica a Kiel, in perfetta sintonia con l’ipotesi presentata di recente da un gruppo di ricercatori inglesi dell’Università’ di Exeter. La teoria, pubblicata su Nature Geoscience, si basa sul fatto che ad innescare l’esplosione di ossigeno fu una complessa catena di eventi iniziata dalle profondità oceaniche. I nuovi studi sembrano dimostrare che fu la comparsa dei primi animali, come amebe e spugne, a provocare un considerevole incremento dei livelli di ossigeno sulla Terra: il deposito sui fondali oceanici dei gusci ricchi di carbonio rivoluzionò gli ecosistemi esistenti fino allora, stravolgendo la catena alimentare e provocando un aumento significativo della produttività. E fu in quel contesto che i batteri impararono ad utilizzare l’energia del sole per produrre nutrimento, introducendo una delle più importanti reazioni chimiche che avvengono sul pianeta: la fotosintesi.
Questa trasformazione del biossido di carbonio in zucchero, apparsa ad opera delle cosiddette alghe azzurre, genera come prodotto di scarto proprio l’ossigeno che, non solo costituisce circa il 21% dell’aria, ma ha contribuito a permettere la vita fuori dall’acqua: salito dal mare in atmosfera, infatti, determinò la formazione, a circa 50 km di altezza, di quello strato di ozono che, come un’indispensabile scudo, protegge gli organismi dai raggi ultravioletti. Il merito per l’innesco dell’evoluzione della vita ancora non può essere assegnato. E non resta quindi che aspettare un’ulteriore evoluzione ma, questa volta, della scienza.
Claudia Ferrario