Ministero Ambiente: un marchio green per rilanciare le aziende "low carbon footprint"

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Il Ministero dell’Ambiente ha in atto un grande “Programma italiano per la valutazione dell’impronta ambientale” delle aziende, cui hanno già aderito oltre 200 partner, tra cui la Coop Italia e l’Acqua Minerale San Benedetto ma anche istituzioni come l’Università di Ca’ Foscari.

Obiettivo del programma, definire uno strumento diagnostico utile alle aziende per identificare le specificità critiche che caratterizzano le fasi del ciclo di vita dei loro prodotti, al fine di realizzare misure di efficienza. Inoltre il ministero, in un secondo momento, collabora con l’azienda per definire una strategia di comunicazione green veritiera e trasparente, che valorizzi al meglio gli aspetti ambientali.

Se n’è parlato diffusamente a Milano nel V incontro dell’Osservatorio Sostenibilità di ASAM, Associazione per gli Studi Aziendali e Manageriali dell’Università Cattolica, guidato da Franco Ferrario, alla presenza di Fabrizio Penna e Roberta Ianna, del Ministero dell’Ambiente. La collaborazione col Ministero, è stato spiegato, “può essere realizzata nella forma di accordo volontario o di bando pubblico”. L’accordo volontario richiede meno passaggi burocratici, in quanto è il Ministero che concretamente si occupa della parte di calcolo, mentre l’azienda si limita ad un ruolo di collaborazione attiva. L’obiettivo è ottenere, alla fine del processo di certificazione, la possibilità di utilizzare il marchio ambientale del ministero sui propri prodotti. Invece la forma del bando pubblico ha l’obiettivo di incentivare gli investimenti per la sostenibilità nei diversi settori produttivi italiani. Sono circa 100 le aziende che hanno iniziato il programma il 17 settembre 2013 e i partner ammontano a più del doppio, includendo anche 4 Università e 6 municipalità.

Più in dettaglio, le fasi principali del programma sono: l’analisi dell’impronta di carbonio dei prodotti selezionati nelle diverse fasi del ciclo di vita; la mitigazione ovvero le possibili misure per ridurre l’emissione dei prodotti selezionati; la compensazione, cioè l’adozione di misure per la neutralizzazione dell’impronta di carbonio, e la comunicazione al pubblico dei risultati dell’analisi dell’impronta di carbonio. Tra i settori finora più sensibili al programma vi sono quello caseario e della ceramica, dato che in molte forniture estere viene richiesta la certificazione footprint di prodotto.

Ma perchè le aziende vogliono a calcolare l’impronta ambientale? Innanzitutto ragioni di competitività e marketing: un’analisi prodotta da un ente autorevole quale il ministero è considerata un valido driver di competitività nel mercato. In secondo luogo, ragioni di risparmio economico e certificazione (vi è un riconoscimento a livello internazionale che permette l’accesso a incentivi e bandi). Infine vi è l’obiettivo di instaurare un rapporto di fiducia con i consumatori, che vengono sensibilizzati riguardo la domanda di prodotti “green”.