La rottamazione dei vecchi natanti che spesso finiscono per essere abbandonati o per divenire relitti nei punti d’approdo dei fiumi e nelle aree portuali, per la sicurezza ma anche per contribuire alla tutela e alla bonifica ambientale di alcune aree costiere e metropolitane.
In città come Roma ad esempio tale fenomeno ha dato il via finanche agli insediamenti sulle sponde del Tevere di vere e proprie baraccopoli, costruite con barche abbandonate, ed ad una serie di problematiche relative alla navigazione in sicurezza del Lungofiume, più volte salite alla ribalta della cronaca.
È stato questo uno dei punti cardine argomentato da Confarca (Confederazione Autoscuole Riunite e Consulenti Automobilistici) nell’ambito dell’ultimo esame dei ddl recanti la riforma del codice della nautica da diporto, nell’incontro alla 8° Commissione Lavori pubblici del Senato con le associazioni di categoria.
Il via libera agli incentivi alla rottamazione è la proposta avanzata per innescare una ripresa del mercato nautico simile a quello di circa vent’anni fa, nell’ambito di quello automobilisti, e per far fronte all’inquinamento ambientale e alla sicurezza dei “marinai” italiani.
“L’85 per cento delle unità che navigano in Italia sono natanti entro i sei metri, vetusti e con motorizzazioni inquinanti, e non panfili per plurimiliardari – afferma il segretario nazionale del comparto Scuole Nautiche di Confarca, Adolfo D’Angelo – Una eventuale rottamazione avrebbe diversi vantaggi, sia di rimodernamento e sicurezza della unità in mare, sia ecologici. Nel Tevere, nei porti canale e in molti punti d’approdo è facile vedere numerose unità mercantili e da diporto abbandonate a loro stesse, senza alcuna bonifica e a grave turbativa dell’ambiente circostante. Spesso questi relitti vengono utilizzati anche per la costruzione di baracche sul Lungofiume e possono rappresentare un serio pericolo per chi naviga”.
Secondo una stima realizzata a conclusione dell’operazione Victor Delta Lima, la prima campagna nazionale di tutela ambientale promossa dal Ministero e dalla Capitaneria di Porto-Guardia Costiera, i natanti sottoposti a ispezione dalla fine del 2013 alla metà di maggio sono stati 884: 154 quelli con gravi problemi riscontrati e 35 i fermati e detenuti in porto per gravi violazioni alle norme internazionali ambientali. Nello stesso periodo, il ministero dell’Ambiente ha riscontrato che nel Mare nostrum finiscono 600 mila tonnellate di petrolio. “Una giusta politica di recupero e d’incentivi per l’eventuale ammodernamento delle unità, non può che contribuire a sanare l’ambiente e rivitalizzare un settore, quello nautico, già in sofferenza per la crisi mondiale e per la tassazione attuata negli ultimi anni”, conclude D’Angelo.