Nel Sud Italia le rinnovabili hanno registrato nel 2013 picchi giornalieri di oltre l’80 per cento della richiesta di elettricità. Proprio il Sud Italia e le isole sono destinate ad essere, grazie alle fonti rinnovabili, sempre più produttori ed esportatori di energia.
Puntando sulle rinnovabili il Sud potrebbe contemporaneamente creare occupazione e indotto per l’economia, tagliare l’inquinamento del proprio territorio e consolidare il suo ruolo di esportatore di elettricità pulita.
Questi sono alcuni dei dati diffusi da Greenpeace a Napoli, in una conferenza stampa svoltasi a bordo della nave “Rainbow Warrior”. Dopo essere stata in Sicilia per denunciare i rischi e l’infondatezza economica delle trivellazioni in mare, la nave conclude il tour “Non è un Paese per fossili” a Napoli, a ridosso del Consiglio Europeo del 23-24 ottobre durante cui ci si attende una decisione sugli obiettivi comunitari al 2030 su clima e energia.
Un rapporto, realizzato da Althesys per conto di Greenpeace, stima l’impatto economico e occupazionale per l’Italia dello sviluppo delle fonti rinnovabili e valuta per l’anno 2013 ricadute economiche complessive pari a oltre 6 miliardi di euro (di cui oltre 4 miliardi di euro sono valore aggiunto diretto). Gli occupati totali nel settore per l’anno 2013 ammontano a oltre 63 mila (di cui circa 50 mila legati all’occupazione diretta). «Dai dati emersi dal rapporto risulta chiaro che, non solo in termini ambientali ma anche per quanto riguarda economia ed occupazione, il futuro su cui puntare sono le energie rinnovabili e l’efficienza energetica. Una politica basata sulla “rivoluzione energetica” farebbe crescere l’occupazione a 100 mila unità nel 2030: se già oggi gli occupati diretti delle rinnovabili sono 2 volte quelli di Fiat Auto, nel 2030 si potrebbe mantenere questa occupazione e farla crescere ulteriormente fino al triplo di quanto oggi occupa Fiat Auto in Italia», dichiara Luca Iacoboni, responsabile clima ed energia di Greenpeace Italia.
Anche i sindacati sostengono questo percorso virtuoso, come sottolinea Maurizio Landini, segretario della FIOM Cgil, in una nota inviata all’associazione: “Lo studio di Greenpeace è molto interessante perché potrebbe favorire la crescita dell’occupazione nell’industria metalmeccanica e qualificarla nella nuove filiere tecnologiche comprese le rinnovabili. Affinché si possano realizzare questi obiettivi è necessario però che il Consiglio europeo, i prossimi 23 e 24 ottobre, definisca obiettivi ambiziosi per la riduzione delle emissioni, lo sviluppo delle rinnovabili, l’incremento di misure per l’efficienza energetica, in tutti i settori; serve che in ogni Paese questi obiettivi vengano progressivamente realizzati attraverso norme e politiche adeguate da parte dei Governi e del sistema produttivo in ogni comparto”.
Marco Bentivogli, segretario nazionale, e Gianni Alioti, responsabile ufficio internazionale Fim Cisl, in una nota inviata all’associazione affermano: “I dati contenuti nel rapporto ci confortano sulla ricaduta economica e occupazionale delle energie rinnovabili nell’industria manifatturiera e nei servizi all’industria. Una politica col fiato corto sulle rinnovabili, ha drogato di incentivazioni non mirate il settore per poi prosciugarlo di qualsiasi politica di sviluppo, causando, in un settore tra i più importanti per la crescita dell’industria, danni occupazionali e perdita di competenze e brevetti. La Fim Cisl sostiene la necessità di un piano energetico nazionale che guardi al futuro e valorizzi i suoi veri vantaggi competitivi”.
La battaglia di Greenpeace si sposta a Bruxelles dove domani il Consiglio UE dovrà discutere il pacchetto 2030 su clima e energia: «Il nostro messaggio è che bisogna cambiare strada accelerando nelle politiche pro rinnovabili ed efficienza, le uniche in grado di ridurre le emissioni e la dipendenza dalle importazioni di fossili», commenta Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace. «Nonostante le potenzialità del settore, uno dei pochi che abbia registrato saldi positivi e creato occupazione in un periodo di crisi, da Monti a Renzi le energie rinnovabili vengono costantemente attaccate, ora anche retroattivamente con il decreto spalma-incentivi».