Non sono ancora chiari i motivi, ma a distanza di migliaia o centinaia di migliaia di anni i poli magnetici della Terra si invertono.
Risale a circa 786.000 anni fa l’ultima inversione a cui è stato dato il nome di ‘transizione Matuyama-Brunhes’.
A gettare una nuova luce sulla dinamica di questo fenomeno, uno studio di paleomagnetismo condotto da un team internazionale di ricercatori dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Igag-Cnr), dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), della Columbia University, Berkeley Geochronology Center e Laboratoire des Sciences du Climat et de Environnement (LSCE), CEA-CNRS e Gif-sur-Yvette. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sul Geophysical Journal International (http://gji.oxfordjournals. org/content/199/2/1110. abstract). Obiettivo dello questo studio è stato analizzare le proprietà paleomagnetiche di una sequenza sedimentaria deposta sul fondo di un antico lago, ora affiorante in superficie nel bacino di Sulmona, nei pressi del paese di Popoli, in Abruzzo. La ricerca fa parte di un insieme di indagini condotte dall’Igag-Cnr volte a caratterizzare l’assetto stratigrafico e tettonico dei bacini intra-Appenninici in aree caratterizzate da intensa attività sismica.
Alcuni tipi di rocce contengono minerali magnetici (ossidi di ferro) che tendono ad orientare la propria magnetizzazione secondo la direzione del campo magnetico terrestre esistente al momento della formazione delle stesse. Perciò, esaminando il magnetismo delle rocce di epoche diverse è possibile ricostruire l’andamento del campo magnetico del pianeta nel tempo geologico.
“Le misure condotte nel laboratorio di paleomagnetismo dell’Ingv”, spiega Leonardo Sagnotti, ricercatore Ingv che ha guidato la ricerca, “hanno dimostrato che questi sedimenti hanno eccellenti proprietà per la registrazione delle variazioni del campo magnetico nel passato”.
Inoltre, la successione sedimentaria lacustre del bacino di Sulmona contiene numerosi sottili livelli di ceneri vulcaniche emesse durante violente eruzioni esplosive dei vulcani laziali, lungo il versante tirrenico della penisola italiana, che sono state datate con metodi radiometrici nei laboratori di Gif-sur-Yvette (Francia) e Berkeley (USA), fornendo quindi precisi vincoli cronologici per datare l’intervallo di sedimenti contenenti l’inversione magnetica.
“L’inversione di polarità del campo magnetico terrestre”, afferma Biagio Giaccio, ricercatore dell’Igag-Cnr, “risulterebbe quindi compresa tra livelli di ceneri datati tra 781mila e 792mila anni fa. Mentre i sedimenti si accumulavano sul fondo del lago con un tasso medio di circa 2 cm al secolo”.
L’integrazione dei dati paleomagnetici e geocronologici ha consentito la ricostruzione ad alta risoluzione della dinamica del campo magnetico terrestre nei millenni precedenti e successivi all’inversione dei poli e ha, per la prima volta, messo in evidenza che l’inversione di polarità Matuyama-Brunhes fu estremamente rapida, essendosi verificata in un intervallo di tempo più breve di quello che è possibile risolvere in questi sedimenti, ovvero ad un tasso almeno dieci volte più rapido di quanto ritenuto in precedenza.
“Lo studio ha fornito una delle migliori registrazioni disponibili delle caratteristiche e variabilità temporale del campo magnetico terrestre durante un’inversione di polarità e indica chiaramente che questo fenomeno può svilupparsi in tempi comparabili alla durata di una vita umana”, afferma ancora Biagio Giaccio. “In particolare l’inversione dei poli magnetici sembra avvenire istantaneamente. La nostra stima più conservativa è che si sia sviluppata in meno di un secolo, probabilmente molto meno”.
Il brusco passaggio dei poli geomagnetici da un’area polare all’altra, avvenuto circa 786mila anni fa, è stato preceduto da un intervallo di generale instabilità del campo magnetico terrestre che si è protratto per almeno 6.000 anni.
“Questo periodo di instabilità geomagnetica è stato caratterizzato da due intervalli di tempo, di circa 2000 anni ciascuno, in cui l’intensità del campo diminuì drasticamente a valori equivalenti a meno della metà di quella che ha il campo attualmente. La brusca inversione dei poli avviene verso la fine dell’intervallo di bassa intensità del campo più recente”, aggiunge Leonardo Sagnotti.
Anche se una inversione magnetica è un grande evento planetario legato alla circolazione convettiva nel nucleo fluido metallico della Terra, non ci sono catastrofi documentate associate a inversioni magnetiche del passato.
“La riduzione di intensità del campo magnetico terrestre, che di solito precede e accompagna le inversioni di polarità, potrebbe potenzialmente avere ripercussioni sui sistemi satellitari e sulle reti di distribuzione dell’energia elettrica, per la maggiore penetrazione del vento solare verso la superficie della Terra”, concludono i ricercatori.