“Un’importante operazione di polizia che porta nuovamente alla ribalta il fenomeno dei combattimenti tra animali, fenomeno criminale multiforme e complesso con ambiti non ancora del tutto esplorati, come quelli relativi all’addestramento di cani alla lotta con altre specie”.
E’ questo il commento di Ciro Troiano, criminologo, responsabile Osservatorio Nazionale Zoomafia della LAV, alla notizia dell’operazione del Corpo forestale dello Stato che ha portato alla denuncia di sette persone per maltrattamento animali, nella provincia di Pesaro Urbino.
Allevatori di Dogo Argentino residenti in Lombardia, Umbria e Marche, che all’interno di un’azienda agricola in provincia di Pesaro Urbino addestravano cani a combattere contro i cinghiali, incitandoli ad attaccare la preda sfinita e sanguinante che veniva bloccata e sorretta da uno degli addestratori, mentre i cani proseguivano gli attacchi.
Le indagini dei Nuclei Investigativi di Polizia Ambientale e Forestale di Pesaro Urbino, Perugia, Milano, Lecco, Pavia e del Nucleo Investigativo per i Reati in Danno agli animali (NIRDA) di Roma, coordinati dalla Procura della Repubblica di Urbino, sono durate sei mesi ed hanno portato al sequestro di materiale audiovisivo e tutti i cellulari, i computer, le telecamere e i supporti digitali potenzialmente utilizzati per registrare gli addestramenti.
“L’utilizzo del dogo argentino nella caccia al cinghiale ha una storia antica e si diffonde sempre di più, nonostante tale attività, sia nella fase dell’addestramento che in quella di combattimento vero e proprio, sia in palese violazione alla normativa sulla tutela penale degli animali”, aggiunge Troiano.
“Al di là dell’inchiesta del Corpo Forestale dello Stato, cui va il nostro plauso, e dell’addestramento dei cani alla lotta con i cinghiali, c’è da dire che purtroppo i combattimenti tra animali in Italia, dopo un periodo di quiescenza, sono ripresi in modo virulento, – prosegue Troiano – Persone denunciate, combattimenti interrotti, ritrovamenti di cani con ferite da morsi o di cani morti con esiti cicatriziali riconducibili alle lotte. Ma anche furti e rapimenti di cani di grossa taglia o di razze abitualmente usate nei combattimenti, sequestri di allevamenti di pit bull, pagine Internet o profili di Facebook che esaltano i cani da lotta, segnalazioni: questi i segnali che indicano una recrudescenza del fenomeno”.
Nel 2013, nell’ambito delle attività finalizzate al contrasto dei combattimenti sono stati sequestrati 16 cani, è stato interrotto un combattimento in corso e sono state denunciate 12 persone tra cui un minorenne.
“Gli organi investigativi devono vigilare con rinnovato vigore per reprimere la ripresa di un fenomeno che sta acquisendo nuovamente la pericolosità sociale e il potenziale criminale di alcuni lustri fa”, conclude Troiano.