Il fine settimana con temperature primaverili arriva dopo che il 2014 si è classificato in Italia come l’anno più caldo della storia, da quando esistono i rilevamenti climatici nel 1880.
E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che lo sconvolgimento stagionale ha provocato pesanti effetti sulla natura, secondo i dati Isac Cnr. Nell’anno appena trascorso – sottolinea la Coldiretti – si è registrata una temperatura superiore di 1,45 gradi rispetto alla media per l’effetto combinato di un’estate fresca molto fresca e del caldo anomalo soprattutto in autunno ed in inverno.
Ma il 2014 in Italia – continua la Coldiretti – è stato anche un anno molto piovoso con il 16 per cento di pioggia in piu’ rispetto alla media che lo posiziona al 39° posto tra gli anni più piovosi negli ultimi 215.
Il risultato di caldo e pioggia si è fatto sentire sulla natura e sui raccolti Made in Italy che hanno registrato tagli che vanno dal 35 per cento dell’ olio di oliva italiano al 15 per cento per il vino fino al 50 per cento per il miele, mentre il raccolto di castagne è stato da minimo storico. Siamo di fronte – sostiene la Coldiretti – ai drammatici effetti dei cambiamenti climatici che si manifestano con una tendenza al surriscaldamento che si è accentuata negli ultima anni ma anche con il moltiplicarsi di eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi ed anche l’aumento dell’incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti che colpiscono l’agricoltura. La conferma della tendenza al surriscaldamento anche in Italia viene dal fatto che i 10 anni più caldi dal 1800 ad oggi, ben nove sono successivi al 2000. Dopo il 2014 – conclude la Coldiretti – c’è il 2003 (+1.37°C), 2007 (+1.33), 2012 (+1.31), 2001 (+1.29), poi il 1994 (+1.11), 2009 (+1.01), 2011 (+0.98), 2000 (+0.92), 2008 (+0.89). Nel lungo periodo sono numerosi gli effetti dei cambiamenti climatici sull’agroalimentare nazionale. Secondo una analisi della Coldiretti il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, ma si è verificato nel tempo – secondo la Coldiretti – anche un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che è arrivato quasi a ridosso delle Alpi. Nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee. Un effetto che si estende in realtà a tutti i prodotti tipici.
Il riscaldamento provoca infatti anche – precisa la Coldiretti – il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto – conclude la Coldiretti – mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani.