La candidatura del pesto alla genovese a patrimonio immateriale dell’umanità è un giusto riconoscimento per una tradizione conservata nel tempo da intere generazioni che deve rappresentare anche una difesa nei confronti delle troppe imitazioni, a tutela del basilico genovese a denominazione di origine (Dop).
E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare la candidatura del pesto al mortaio a patrimonio culturale immateriale dell’umanita’.
La tecnica tradizionale di lavorazione al mortaio è l’elemento caratterizzante del pesto genovese insieme – sottolinea la Coldiretti – al basilico genovese a denominazione di Origine (DOP) iscritto nella lista dell’Unione Europea, che è contraddistinto da foglie piccole e convesse e un profumo intenso legato al territorio di coltivazione e mantenuto grazie al fatto che sono commercializzate le piantine intere complete di radici. La richiesta di riconoscimento all’Unesco segue da vicino quella dell’arte della pizza napoletana mentre è da poco stato dato il via libera all’iscrizione della vite ad alberello di uve Zibibbo che caratterizza l’isola di Pantelleria, in Sicilia. Nella prestigiosa Lista dei Patrimoni Culturali dell’Umanità l’Italia puo’ anche già contare – conclude la Coldiretti – sull’iscrizione dei “Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato (2014)”, dell’Etna (2013), della dieta mediterranea (2010) e di nove zone delle Dolomiti (2009).