Greenpeace rende noto di aver scritto al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni – e per competenza anche ai ministri Galletti e Guidi – sollecitando il governo italiano a chiedere alla Repubblica di Croazia di essere consultato e incluso nella Valutazione Ambientale Strategica in corso riguardo ai piani di sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio nell’Adriatico croato.
L’Italia è chiaramente parte in causa nella “strategia fossile” croata.
Per questo, Greenpeace chiede che il governo si attivi per garantire la vita e il futuro del nostro mare e, si legge nella lettera, sollecita l’esecutivo “ad avvalersi dei meccanismi previsti dalla Convenzione di Espoo dell’UN/ECE sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero; e dunque ad esigere dalla Croazia un diritto di consultazione”.
La Croazia sta avviando un piano di sfruttamento intensivo delle sue risorse nazionali di idrocarburi nel Mare Adriatico. Dopo un’estesa attività di prospezioni geosismiche che ha fornito una prima caratterizzazione dei giacimenti di gas e petrolio presenti sotto i fondali croati, il governo di Zagabria ha approntato un piano quadro che prevede la suddivisione del 90 per cento della superficie marina adriatica croata in ventinove “blocchi”, di ampiezza variabile tra i 1.000 e i 1.600 chilometri quadrati. Le prime procedure per l’assegnazione dei diritti di ricerca in questa aree sono già state espletate – ancor prima della conclusione della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) – con l’assegnazione di dieci concessioni a cinque compagnie, tra cui l’italiana ENI. Una VAS vera e propria è infine stata pubblicata lo scorso 16 gennaio.
«Per quanto abbiamo sin qui appreso, da un punto di vista ambientale il piano del governo di Zagabria è lacunoso e potenzialmente disastroso per l’Adriatico, un mare fragile e già sotto stress, che per l’Italia rappresenta una risorsa preziosa», dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. «Vogliamo un Adriatico trasformato in una specie di Texas a poche miglia dalle nostre coste? È questo il futuro che prevediamo per il nostro mare, per le nostre comunità costiere e per chi di quel mare vive?», aggiunge Boraschi.
La Croazia intende trivellare la quasi totalità dei suoi mari, non risulta infatti un limite ai pozzi e alle piattaforme previste. Nell’ambito di queste operazioni, non vengono considerati gli effetti transfrontalieri, così come sono ignorate misure di tutela per aree cruciali per la riproduzione di specie ittiche di importanza commerciale anche per la flotta peschereccia italiana. Ugualmente appaiono trascurati gli impatti sul turismo. Alcune trivellazioni potrebbero inoltre essere realizzate su fondali profondissimi, oltre i mille metri. Le attività di estrazione classificate come “ultra deep drilling” sono particolarmente rischiose: la tragedia della Deep Water Horizon nel Golfo del Messico, in tal senso, dovrebbe indurre a non correre mai più rischi di quel genere.