Giro di vite della Cassazione per chi maltratta gli animali.
Rischia una condanna penale chi detiene gli animali domestici in condizioni incompatibili con la loro natura, anche se li nutre adeguatamente.
E’ quanto ha sancito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 6829 del 17 febbraio 2015, ha ammonito quanti obbligano a vivere gli amici a quattro zampe in condizioni poco consone con la loro indole, confinati in luoghi angusti.
Con la decisione odierna i Supremi giudici, hanno reso definitiva la condanna di un proprietario di un cavallo che deteneva l’animale in un box angusto, spiegando che «in tema di maltrattamento di animali, il reato permanente di cui all’art. 727 cod. pen. è integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali».
Inoltre l’imputato è stato condannato a oltre 12 mila euro fra ammenda, spese legali e risarcimento agli enti costituiti.Inutile per la difesa il tentativo di smontare l’impianto accusatorio sostenendo che il cavallo era stato ben nutrito ed era regolarmente visitato da un veterinario.
Nello stesso filone giurisprudenziali si incardina un’altra sentenza della Cassazione, la n. 37859/2014, con la quale la terza sezione penale ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo di un canile in cui gli animali erano ospitati in misura superiore ai limiti consentiti dalla legislazione regionale.Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” queste decisioni di oggi sono importanti, perchè arrivano in un momento in cui le associazioni ambientaliste si erano mosse in questi giorni, temendo che il nuovo decreto legislativo sulla “tenuità” del reato potesse rendere vane le norme a tutela degli animali. Per ora gli animalisti di tutta Italia possono tirare un sospiro di sollievo.