L’attuale ripartizione delle quote del tonno rosso favorisce una ristretta minoranza di realtà, che ha in mano il 90 per cento delle risorse, e penalizza la stragrande maggioranza delle altre aziende detentrici.
A denunciarlo è Coldiretti Impresapesca in merito ai criteri di assegnazione dei diritti di pesca, tra l’altro già finiti nel mirino di una sentenza del Tar del Lazio.
Negli ultimi 14 anni tutti i provvedimenti assunti hanno di fatto affidato quello che è un bene comune, gestito da norme internazionali, ad alcuni soggetti per il solo fatto che nel 2000 avessero pescato più di altri. In merito al sistema “palangaro” è venuta dunque ad esistere una disparità immotivata di ripartizione delle quota che va da soggetti che detengono 2,5 tonnellate di tonno ad altri che ne detengono fino a 40 tonnellate, con un criterio più o meno storico ed in certi casi con osmosi di quote da settori diversi.
Pur riconoscendo la necessità di limitare il numero dei soggetti in grado di pescare il tonno per il particolare regime di controllo internazionale da parte dell’Iccat-Fao e da parte delle norme Ue, Coldiretti Impresapesca non può comprendere la diversificazione di quote per ogni barca solo sulla base delle differenti quantità pescate nel 2000, né come tale quota possa essere dichiarata un bene privato di alcuni pescatori a danno di tanti altri operatori e dell’intera collettività.
Lo ha chiarito la citata stessa sentenza del Tar del Lazio, che ha di fatto ribadito che il tonno affidato tramite alle imprese di pesca tramite specifica autorizzazione non è un bene su cui il titolare possa vantare un vero e proprio diritto soggettivo, per questo motiva l’intangibilità delle quote e della percentuali dietro cui si è trincerata la d.g. pesca del Mipaaf è del tutto superata e solo volendo potrebbe essere rivista, sia come percentuale tra classi di mestieri (circuizione, palangaro, tonnare fisse e pesca sportiva) e di seguito all’interno delle singole classi tra ditte autorizzate .
Inoltre nell’ipotesi in cui l’amministrazione valutasse per l’anno 2015 l’opportunità di ampliare il numero di soggetti beneficiari della quota nazionale 2015 affidati all’Italia dall’ICCAT, si potrebbe ipotizzare di gestire le maggiori tonnellate del 2015 (circa 20% pari a 400 ton.), ciò valere anche per gli aumenti 2016 e 2017, di utilizzare in parte gli aumenti per riequilibrare tra loro i segmenti di pescata (classi) a favore delle segmenti e delle imprese svantaggiata, ed in parte per permettere l’accesso di nuovi soggetti con quote minime premiando quelle realtà regionali che storicamente, in un non lontano passato, hanno avevano fatto di tale pesca una consolidata tradizione e che oggi non hanno alcuna impresa autorizzata a tale attività.
Infine va detto che attualmente solo n.9 imprese di pesca gestiscono circa l’80% della quota tonno-rosso nazionale, non è pensabile che l’amministrazione conceda loro il beneficio degli aumenti della quota nazionale in proporzione facendo passare il principio dell’ulteriore premio che si premiamo i ricchi ed i monopolisti, e si penalizzano i poveri fino a lasciarne altri fuori dalla porta, un concetto inammissibile per una corretta gestione dalla cosa pubblica e di un bene comune come il tonno-rosso.
Tale proposta ha il consenso di molte Regioni e di tantissime imprese. Riteniamo che il provvedimento oggi sul tavolo del ministro debba tenere in considerazione queste riflessioni.