Una marea nera si è abbattuta in California a causa della rottura di un oleodotto che ha versato petrolio in mare.
Una squadra dell’associazione ambientalista Greenpeace si è mobilitata per verificare la gravità della situazione.
Nell’area sono già all’opera diverse squadre locali per limitare i danni dello sversamento, ma la raccolta di petrolio dal mare e la pulizia delle spiagge è difficoltosa, tanto che il governatore della California ha dichiarato lo stato di emergenza.
Uno sversamento di petrolio in mare ha sempre impatti devastanti, siano essi dovuti alla rottura di un oleodotto o a un incidente che coinvolga una piattaforma o una petroliera. I danni nel caso di sversamenti consistenti come quello causato nel Golfo del Messico dall’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon persistono anche dopo molti anni, con la contaminazione a lungo termine delle reti alimentari e impatti importanti sull’ambiente e sulle specie ittiche commerciali.
«A quanti incidenti dovremo ancora assistere prima che i nostri governi capiscano che occorre imboccare un’altra strada? La notizia di un altro sversamento di petrolio sulle coste della Mauritania, la cui origine è ancora sconosciuta, è solo di pochi giorni fa», commenta Andrea Boraschi, responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. «Gli sversamenti di petrolio non sono mai un incidente, bensì la diretta conseguenza di misure di controllo e prevenzione insufficienti, adottate da compagnie petrolifere che mettono il loro interesse davanti ogni rischio per l’ambientale e per la salute umana».
L’incidente in California dovrebbe anche far riflettere sulla strategia energetica che sta perseguendo l’Italia.
Invece di sostenere le energie rinnovabili, il governo ha deciso di potenziare attività pericolose per il nostro mare, e per tutto il Pianeta, come l’estrazione di petrolio off-shore. «Nonostante sotto i nostri fondali vi siano risorse petrolifere irrisorie, equivalenti a 7-8 settimane di consumi nazionali, le nuove leggi varate dal governo agevolano le estrazioni, mettendo a serio rischio non solo l’ecosistema marino e le nostre coste, ma anche i settori economici che da esse dipendono, come la pesca e il turismo. Nella crisi economica in cui ci troviamo è inammissibile che, per l’interesse di un pugno di compagnie petrolifere, si mettano a rischio l’ambiente e le economie locali», conclude Boraschi.
La volontà del governo in materia di infrastrutture energetiche è molto chiara, anche prescindendo dallo Sblocca Italia. Nelle ultime settimane sono stati autorizzati diversi progetti di estrazione di petrolio a mare al largo delle coste abruzzesi, in un’area che già nel 2001 il Parlamento aveva individuato per istituire un parco nazionale e che non è mai stata protetta. Nei prossimi mesi potranno essere realizzati un nuovo pozzo di ricerca e fino a dieci nuovi pozzi di estrazione, con infrastrutture che sorgerebbero a pochissimi chilometri al largo della Costa dei Trabocchi.
Per questo sabato 23 maggio Greenpeace sarà in piazza a Lanciano, al fianco dei cittadini abruzzesi, per protestare contro le trivellazioni nell’Adriatico e nei nostri mari.