Più che una pizza è “L’arte dei pizzaioli napoletani” in corsa per diventare bene immateriale dell’Unesco.
In sei mesi, da quando a marzo iniziò l’avventura della pizza per essere riconosciuta come settimo prodotto Made in Italy patrimonio dell’umanita’, sono state raccolte gia’ 400mila firme e, come ha annunciato a Napoli l’ex ministro dell’Agricoltura, Alfonso Pecoraro Scanio, con la Fondazione Univerde, “c’e’ l’impegno per altre 750 mila firme entro novembre”. In questo modo sara’ superata quota 1 milione e la documentazione sara’ portata a Parigi, a dicembre, in occasione della Conferenza internazionale per i Cambiamenti climatici.
Parla di “grande risultato raggiunto” Pecoraro Scanio che ha raccontato di aver lanciato la proposta per il riconoscimento della pizza napoletana “nel 2006”, ma il processo fu interrotto fino a essere ripreso nella scorsa primavera e “nel 2016 riusciremo a ottenere il riconoscimento”.
Ed è stato possibile raggiungere le 400mila firme “grazie alla collaborazione con Coldiretti e associazioni come Verace pizza napoletana”.
Il Comune di Napoli, attraverso l’assessore alle Attivita’ produttive, Enrico Panini, ha intenzione di promuovere iniziative per coinvogere i cittadini: “Abbiamo gia’ preso contatti con le Municipalita’ e sosterremo qualsiasi iniziativa”.
La pizza napoletana punta dunque alla valorizzazione di prodotti di qualita’, in una situazione in cui, mette in guardia Coldiretti Campania, “anche in Italia quasi due pizze su tre sono ottenute da ingredienti provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione”. “Garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalita’ di lavorazione – ha concluso il vicepresidente di Coldiretti Campania, Vittorio Sangiorgio – significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintivita’ nei confronti della concorrenza sleale”.