Le turbolenze in aereo provocano ai passeggeri un grande stato di agitazione e molte volte rischiano di trasformarsi in un’esperienza davvero terribile.
Sono tanti i casi in cui si è verificata questa situazione. Prendendo un esempio recente, la forte turbolenza che ha colpito l’aereo della Air Canada la notte di Capodanno in volo tra Shanghai e Toronto. In quella circostanza l’aereo è stato costretto a un atterraggio di emergenza.
Secondo uno studio – riportato sul The Economist – di Lauren Reid, ricercatrice del servizio meteorologico britannico, sono in tutto tre i tipi di turbolenza più frequenti. La prima è detta convettiva ed è provocata dai temporali. È quasi sempre da subito visibile ed è quindi facile da evitare. La più comune è la turbolenza in aria chiara (Cat), provocata dal fenomeno definito “wind shear”, cioè correnti d’aria che si spostano a velocità diverse in diverse direzioni. In questo tipo di turbolenza l’aereo rischia di essere scosso da una parte all’altra, verso l’alto e verso il basso. La terza e ultima turbolenza è simile al wind shear, con l’unica differenza che è causata da onde di montagna.
Indubbiamente con il passare degli anni e l’avanzare delle nuove tecnologie i meteorologi hanno acquisito gli strumenti idonei per prevedere le turbolenze più pericolose. Tuttavia, secondo la ricerca inglese, c’è la possibilità che i fenomeni diventino più comuni a causa del riscaldamento globale del pianeta.
In casi di forte turbolenza, quale atteggiamento dovrebbe assumere il pilota? Una delle peggiori cose che il pilota possa fare, come riportato da Patrick Smith sul suo blog Ask the pilot, è opporsi al fenomeno della turbolenza: conviene invece che il pilota si addestri a cavalcarla, diminuendo la velocità ed evitando manovre inutili.