Ogni anno nel mondo si consumano 250 milioni di tonnellate di prodotti plastici tradizionali, mentre la produzione di bioplastiche si ferma a 1 milione, vale a dire lo 0,5%*. Ma la ricerca è ai massimi livelli, e il settore ha ampi margini di sviluppo.
Ne abbiamo parlato con con Athanassia Athanassiou, ricercatrice e responsabile del Smart Materials Group presso l’Istituto italiano di tecnologia di Genova, che interverrà a Cremona nell’ambito degli appuntamenti del Food Waste Management Conference, un Salone che insieme a BioEnergy Italy e Green Chemistry Conference and Exhibition, costituisce un osservatorio privilegiato sulla bioeconomia (in programma alla Fiera di Cremona dal 20 al 22 aprile 2016).
Dottoressa Athanassiou, a che punto è la ricerca legata all’impiego degli scarti vegetali nella produzione di bioplastiche?
“A uno stadio molto avanzato direi che soprattutto nell’ultimo anno abbiamo raggiunto grandi risultati che ci permettono di utilizzare lo scarto al 100% della sua potenzialità, adottando diversi procedimenti, come l’estrusione o l’impiego di determinati solventi. Tutto dipende dal tipo di scarto che abbiamo da trattare e dalla tipologia di bioplastica da produrre: è facilmente comprensibile che se la produzione riguarderà gli imballaggi si dovrà ottenere un determinato tipo di plastica, se invece la richiesta è destinata ad allestire gli interni di un’automobile si dovrà ottenere un altro tipo di prodotto”.
Come possiamo tradurre il concetto di utilizzo dello scarto al 100%?
“Finora la produzione di bioplastiche ottenute dalla cellulosa della pianta ci consentiva di sfruttare una parte sola di quella determinata pianta. Lo scarto vegetale invece viene utilizzato totalmente e la cosa straordinaria è che proprio grazie alla biodegradabilità del prodotto ottenuto, alla fine del suo ciclo vitale ogni grammo di quello scarto torna alla terra eliminando di fatto il concetto di smaltimento che invece riguarda la plastica tradizionale rispetto alla quale, è bene ricordarlo, i tempi di degradazione possono richiedere addirittura un millennio”.
Esistono particolari tipi di scarti vegetali più o meno adatti alla produzione di bioplastiche?
“Non parlerei di maggiore o minore idoneità degli scarti, quanto di caratteristiche. Ad esempio uno scarto di riso produce una plastica piuttosto dura mentre quello del prezzemolo origina un prodotto più morbido. Parallelamente non dobbiamo dimenticare le proprietà dello scarto che non vengono distrutte con la trasformazione, bensì mantengono il loro valore. Il cacao, ad esempio, si contraddistingue per il suo potere antiossidante, così come alla cannella viene riconosciuta una forte azione antibatterica, caratteristiche che il processo di estrusione dei polimeri non distrugge”.
Secondo i dati forniti da Assobioplastiche, nel mondo si produce solamente lo 0,5% di bioplastiche. Possiamo pensare a un incremento significativo nel breve e/o medio periodo?
“Molto dipenderà dalla volontà delle industrie di affrontare gli investimenti necessari alla produzione di bioplastiche. E’ ovvio che i grandi produttori di plastica guardano con diffidenza a questo nuovo aspetto produttivo, ma è altrettanto vero che il concetto di sostenibilità ambientale si sta sempre più affermando e noi lo vediamo dalle numerose start-up che si rivolgono a noi per avviare la loro attività. Probabilmente non sarà un cammino semplice e forse ci vorrà più tempo di quanto noi auspicheremmo. E’ anche vero però che i costi-benefici sono particolarmente vantaggiosi: con le bioplastiche si risponde concretamente e pienamente al concetto di sostenibilità ambientale”.
L’innovazione tecnologica protagonista a Cremona in una tre giorni dedicata alla bioeconomia
La dottoressa Athanassiou approfondirà tutti questi aspetti delle bioplastiche in un intervento nell’ambito di FoodBioEnergy, uno degli appuntamenti del ricco programma del Food Waste Management Conference, che si terrà alla Fiera di Cremona dal 20 al 22 aprile 2016, in contemporanea con BioEnergy Italy e Green Chemistry Conference and Exhibition. Tre eventi che, insieme, rappresentano il cuore della bioeconomia e si configurano come un appuntamento unico dove conoscere le soluzioni più innovative sia dal punto di vista tecnologico che di contenuti scientifici.
*Fonte: Assobioplastiche