Il premier Matteo Renzi torna a ribadire l’invito all’astensione della segreteria Pd sul referendum del 17 aprile contro le trivelle, riproponendo al congresso dei giovani del Partito democratico la preoccupazione inerente la possibile perdita dei posti di lavoro nel caso della vittoria del Sì: «Non fatevi prendere in giro – ha detto Renzi – non è un referendum sulle nuove trivelle, che hanno già la linea più dura d’Europa. È un referendum per bloccare impianti che funzionano. Io lo considero uno spreco. Ciascuno quando voterà sì o no pensi se sia giusto che 10mila persone perdano il posto».
Ad attaccare subito il capo del governo per le sue dichiarazioni è stato il presidente della Puglia Michele Emiliano, attivo sostenitore della consultazione: «Il Presidente del Consiglio dice due bugie – ha affermato Emiliano in una puntata di Omnibus su La7 – La prima è che ci sarà una perdita di posti di lavoro. È una sciocchezza, perché la legge prevede la proroga della coltivazione dei pozzi di cinque anni in cinque anni nella fase finale: non abbiamo mai perso un posto di lavoro. Tra l’altro, prima i posti persi erano 4mila, ora sono diventati 10mila. La seconda bugia è che se vince il referendum si bloccano le coltivazioni dei pozzi. Questo modo di fare va bene per un venditore di pentole, ma non per chi ha delle responsabilità di governo».
Manca meno di un mese alla chiamata alle urne per il popolo italiano sulle trivellazioni, referendum nato dalla richiesta di nove regioni italiane. La scelta dell’astensione come versione ufficiale da parte del Pd ha scatenato non poche polemiche, creando delle spaccature tra il governo e le opposizioni, ma anche all’interno dello stesso Partito democratico. «Le Regioni che hanno fatto questo quesito sulle trivelle sono di centrosinistra e di centrodestra. È il quesito di Zaia e Toti», ha aggiunto il presidente del Consiglio.