Gli investimenti globali nelle energie rinnovabili hanno segnato un record nel 2015, grazie a un finanziamento complessivo pari a 286 miliardi di dollari, battendo così il primato di 278 miliardi registrato nel 2011.
Un dato emerso dal rapporto “Global Trends in Renewable Energy Investment 2016” dell’Unep, il Programma ambientale dell’Onu, in cui si sottolinea un traguardo interessante: per la prima volta gli investimenti nei Paesi in via di sviluppo hanno superato quelli nelle nazioni sviluppate.
Ponendo l’attenzione sull’Italia, il bilancio risulta tutt’altro che positivo. I provvedimenti anti-rinnovabili emanati dal governo Renzi, infatti, hanno fatto diminuire gli incentivi nel settore della green economy. Gli investimenti sui combustibili fossili, invece, aumentano. I numeri arrivano dal Fondo monetario internazionale, poi ripresi nel report di Greenpaece “Rinnovabili nel mirino”: nel 2014 l’Italia si è piazzata al nono posto in Europa per finanziamenti a petrolio, carbone e gas, con 13,2 miliardi di dollari, dato in crescita rispetto ai 12,8 miliardi del 2013.
«L’Italia non attira investimenti in rinnovabili, e il motivo non è la mancanza di sole, vento o altre fonti pulite di energia, ma la strategia di difesa delle fossili dettata dal nostro governo», dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. «Facendo addirittura peggio dei suoi predecessori, Renzi è riuscito a ostacolare le energie rinnovabili su tutti i fronti: cambiando in corsa accordi già sottoscritti con lo “Spalma incentivi”, modificando la tariffa elettrica per frenare il risparmio energetico e finendo per causare un aumento delle nostre bollette, bloccando i piccoli impianti domestici, specialmente quelli fotovoltaici. Mentre prometteva un “green act” di cui non si hanno più notizie, Renzi è riuscito a mettere in ginocchio un settore che nel resto del mondo crea occupazione e benefici sia all’ambiente sia ai cittadini».
«Se al referendum del prossimo 17 aprile i cittadini voteranno sì contro le trivellazioni sarà una sonora bocciatura per tutta la politica energetica del governo Renzi, che come i suoi predecessori di questi ultimi anni mette gli interessi dell’industria fossile sopra a quelli dei cittadini», conclude Iacoboni.
La scelta di non investire nelle rinnovabili ha inciso fortemente sull’occupazione. I posti di lavoro sono in calo: nel 2015 si sono persi 4 mila occupati solo nel settore eolico, gli investitori sono sempre meno e le aziende costrette a chiudere crescono incessantemente.