Il fiume Mekong attraversa sei continenti dell’Indocina ed è fonte di sopravvivenza per i numerosi villaggi galleggianti che sorgono lungo le sue rive.
Il Governo laotiano ha in serbo la costruzione di diverse dighe e centrali idroelettriche che, in nome del progresso energetico, potrebbero lasciare “a secco” le popolazioni indocinesi e innescare disastri ambientali.
Il fiume Mekong è arteria vitale per le nazioni indocinesi che attraversa – Cina, Myanmar, Laos, Thailandia, Cambogia e Vietnam – e, al pari del Rio delle Amazzoni e del Nilo, è un’importante autostrada per il commercio nonché culla di una delle più grandi biodiversità marine del mondo con più di 850 specie animali individuate nelle sue acque.
Il Mekong infatti, è fonte di cibo e di sostentamento economico per i 90 milioni di abitanti dell’Indocina, soprattutto per Laos, Cambogia e Vietnam che possono vantare la più grande produzione di pesca d’acqua dolce ed acquacoltura del mondo con 4,5 milioni di tonnellate di prodotti acquatici ogni anno, pari a 7 miliardi di dollari l’anno. L’acquacoltura è praticata due terzi della popolazione rurale che soddisfa con il pesce tra 40 e l’80% del fabbisogno di proteine animali. inoltre, l’enorme Delta del Mekong è responsabile del 13% della produzione mondiale di riso.
I villaggi che sorgono intono al letto del fiume, infatti, sono costruiti su palafitte per fare fronte alle frequenti piene agli innalzamenti delle acque conseguenti alle piogge monsoniche; il Mekong infatti, può aumentare la sua portata fino a 5 volte trasformando le palafitte vicine in case galleggianti. Ad oggi la stragrande maggioranza della popolazione indocinese vive in stato di povertà e pericolo e non ha accesso alle infrastrutture pubbliche principali come l’acqua e l’ energia elettrica.
E’ in corso un forte scontro tra la possibilità di allineare il Paese al progresso contemporaneo e la necessità di salvaguardare l’ecosistema naturale del Mekong che ad oggi rappresenta la principale fonte di sostentamento per le popolazioni fluviali. Il governo laotiano infatti, ha intenzione di portare il paese verso la modernizzazione grazie alla costruzione di una serie di dighe sul corso principale del Mekong per garantire una maggiore produzione di energia idroelettrica. La preoccupazione maggiore è data dall’intenzione dei governi di realizzare dighe anche sul corso principale del fiume e non solo sugli affluenti che ne limiterebbe i danni ambientali.
La realizzazione di dighe sul corso principale del Mekong rappresenta un impedimento per la moltitudine di pesci che durante l’anno risalgono la corrente per riprodursi e comporterebbe la riduzione del flusso di acqua nei villaggi a valle del fiume che non potrebbero più affidarsi alla produzione attuale di pesca. Inoltre, la costruzione di dighe esporrebbe ancora di più il Delta del Mekong alla naturale erosione marina che oggi è invece limitata dalle sabbie che il fiume nel suo corso trasporta fino alla foce alimentando la superficie dedita alla coltivazione di riso.
Ad oggi, solo la Cina ha ben quattro sbarramenti in costruzione sul corso superiore per un totale di 6.000 Megawatt di potenza idroelettrica installata. Pechino ha realizzato il più grande impianto idroelettrico del fiume -la diga di Nuozhadu – che produce 5.800 MW di energia. Nei prossimi anni, il Laos realizzerà ben 10 dighe (due sul confine tra Laos e Thailandia), per una produzione energetica totale di quasi 10.000 MW che consentiranno al governo nuove entrate economiche con l’esportazione energetica. La conferma di tale politica economica è data dalla costruzione della diga di Xayaburi che è stata realizzata su territorio laotiano con fondi Thailandesi per proprio per esportarvi il 95% dei suoi 1.300 MW di energia elettrica prodotta.