Impresa2030 è una campagna condotta da dieci grandi ONG italiane (ActionAid Italia, Equo Garantito, Fair, Focsiv, Fondazione Finanza Etica, Human Rights International Corner (HRIC), Mani Tese, Oxfam Italia, Save the Children e WeWorld) al fine di tutelare diritti umani e ambiente.
Nelle prossime settimane è attesa da parte della Commissione Europea una direttiva che imponga alle imprese di dotarsi di una due diligence, un meccanismo di monitoraggio, prevenzione e rimedio sulle violazioni dei diritti umani e dell’ambiente da parte delle imprese e di tutti i loro partner di filiera. Con la campagna si chiede agli europarlamentari di non indebolire la proposta in fase di negoziazione a causa delle pressioni di lobby e imprese.
AmbienteQuotidiano.it ha intervistato sugli obiettivi della campagna Impresa2030 Giosuè De Salvo di Mani Tese e Martina Rogato di Human Rights International Corner – HRIC
Impresa2030, Diamoci una regolata. In cosa consiste la campagna e quanto potrà fare per salvaguardare i diritti umani?
De Salvo: “Si tratta di una campagna promossa da dieci grandi associazioni e Ong italiane che, in rete con centinaia di altre organizzazioni in Europa, chiedono di varare una Direttiva comunitaria che imponga alle imprese di tutelare i diritti umani e l’ambiente, prevenendo qualsiasi abuso collegato alle proprie attività economiche o a quelle dei propri fornitori.
La Commissione Europea sta già lavorando al testo della Direttiva che verrà presentato entro la fine dell’anno al Parlamento europeo e al Consiglio dell’UE. Le organizzazioni promotrici spingono affinché i Ministri e gli Europarlamentari italiani sostengano una proposta forte ed efficace, senza cedere alla pressione di quei settori industriali che si oppongono a obblighi e responsabilità chiare.
Attribuire una responsabilità legale di rispettare i diritti umani e l’ambiente in capo alle imprese e garantire la possibilità alle vittime di abusi aziendali di ottenere la cessazione dell’abuso e la compensazione del torto subito, possono sicuramente contribuire ad instaurare una nuova cultura di impresa. Una cultura in grado di coniugare la ricerca di un profitto con il rispetto delle persone e degli ecosistemi da cui tutti noi dipendiamo. Solo cambiando il modo di pensare e di fare business potremo raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dalle Nazioni Unite per il 2030 e limitare il riscaldamento globale a +1,5°, così come sancito a Parigi nel 2015 e alla COP26 di Glasgow che si è da poco conclusa”.
In tale ottica quanto è importante un ambiente salubre e la salvaguardia dell’ecosistema?
De Salvo: “La relazione tra diritti umani e ambiente si estrinseca nel fatto che vivere in un ambiente salubre e con ecosistemi funzionanti è da considerarsi una precondizione per garantire la fruizione sostanziale dei diritti umani. L’aver finora considerato l’inquinamento di aria, acqua, cibo e terra, il consumo di foreste e di suolo, la perdita di biodiversità, come mere “esternalità negative” di un supposto obbligo morale di perseguire la crescita infinita ha condotto l’umanità sull’orlo di un baratro. E nel fare ciò le imprese hanno finito con perdere di vista la loro funzione sociale e ambientale che è quella, da un lato, di rispondere a bisogni reali (e non indotti) della gente, generando buona occupazione e rispettando la dignità delle persone, e, dall’altra, di considerare i limiti naturali del pianeta in cui viviamo. Una nuova economia e una nuova finanza sono possibili e al centro di questo mutamento urgente, ci sono le imprese come protagoniste indiscusse sia dell’economia che della finanza”.
Quali sono le maggiori responsabilità delle multinazionali meno attente all’ambiente e cosa potrebbe fare per cambiare linea?
Rogato: “L’impatto delle aziende è piuttosto variegato, dipende molto dal contesto e dalle tipicità del territorio in cui l’impresa opera. Tuttavia, un danno ambientale comporta sempre innumerevoli violazioni dei diritti umani. Basti pensare innanzitutto alle conseguenze che la contaminazione dell’aria può avere sulla salute degli abitanti che magari vivono in zone limitrofe al sito aziendale. In sistemi economici locali basati su pesca e agricoltura, inoltre, l’emissione di agenti climalteranti in atmosfera va a danneggiare, tramite il fenomeno delle “piogge acide”, anche il raccolto e la qualità dell’acqua di laghi, mari e fiumi, mettendo così a rischio l’accesso al cibo e il diritto al lavoro di intere comunità. È necessario cambiare rotta sviluppando dei sistemi di “due diligence” (dovuta diligenza). Si tratta in sostanza di mappare tutti gli effettivi e potenziali impatti che il nostro business può comportare su ambiente e diritti umani e mettere in piedi delle misure correttive e di mitigazione per diminuire o cessare questi impatti”.
Quali sono i prossimi passi della vostra campagna?
Rogato – “Il prossimo 9 dicembre a Roma lanceremo pubblicamente la nostra Campagna e daremo voce alle 10 associazioni che sono impegnate da anni sul fronte imprese e diritti umani. In contemporanea, continueremo le attività di divulgazione e sensibilizzazione per poi concentrarci sul dialogo con le istituzioni. La società civile è pronta a mettere il suo know-how a disposizione affinché questa Direttiva Comunitaria possa concretamente contribuire alla costruzione di un mondo più giusto ed equo”.