Il livello del Po è a -2,3 metri rispetto allo zero idrometrico come d’estate con la siccità che colpisce i campi, favorisce la risalita del cuneo salito nel delta, restringe i ghiacciai, lascia le montagne senza neve e svuota i grandi laghi del Nord.
E’ quanto emerge dall’ultimo monitoraggio della Coldiretti sulla preoccupante situazione del fiume al Ponte della Becca (Pavia) in riferimento al gran caldo anomalo su tutta la Penisola in un 2022 che si classifica peraltro fino ad ora in Italia come il più caldo mai registrato dal 1800 con una temperatura addirittura superiore di quasi un grado (+0,96 gradi) rispetto alla media storica ma con 1/3 di precipitazioni in meno secondo Isac Cnr nei primi 9 mesi dell’anno.
Il grande fiume italiano, che al ponte della Becca alla confluenza del Ticino si presenta con le rive ridotte a spiagge, è fondamentale per l’ecosistema della pianura padana dove si concentra il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo.
Il grande caldo colpisce anche i grandi laghi del Nord con il Garda che è pieno solo al 23% e l’Iseo al 26% mentre resistono il Maggiore con il 56% e il Como che è riuscito a risalire fino al 72%.
A preoccupare è la siccità nel Nord Est del Paese: dal Friuli Venezia Giulia al Veneto dove si sorvegliano sia i livelli di falde e fiumi e quelli delle riserve idriche regionali.
Al Sud la situazione più pesante si registra in Calabria dove il volume residuo degli invasi silani è in grado di soddisfare i bisogni idrici della città di Crotone e Rocca di Neto per soli 21 giorni, secondo il Dipartimento territorio della Regione.
In difficoltà per l’allarme siccità fuori stagione sono tutte le colture in campo con gli imprenditori agricoli che stanno intervenendo addirittura con irrigazioni di soccorso per non compromettere le coltivazioni, dalle semine di grano ai kiwi prossimi alla raccolta, dal radicchio ai carciofi fino agli ortaggi lungo tutta la Penisola. Il caldo sta anche provocando l’allungamento della fase vegetativa delle piante con il rischio di far ripartire le fioriture, con il pericolo di esporle ai danni di un prevedibile successivo abbassamento delle temperature e la conseguente diminuzione del potenziale produttivo delle coltivazioni.
Ma nelle campagne gli effetti si fanno sentire anche per i parassiti che sono rimasti attivi con le temperature miti e attaccano più facilmente le colture ancora in campo, come avviene peraltro nelle città dopo sono ancora diffuse zanzare e mosche.
Una conferma del cambiamento climatico in atto con una tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi che compromettono le coltivazioni nei campi con perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne che quest’anno superano già i 6 miliardi di euro dall’inizio dell’anno, pari al 10% della produzione nazionale.