Tracce di prodotti farmaceutici e per la cura personale rinvenute nelle acque del Kongsfjorden. Gli esperti lanciano l’allarme: a rischio la biodiversità artica.
Le acque cristalline dell’Artico, considerate per decenni simbolo di purezza e isolamento, non sono più immuni dall’impatto dell’attività umana. Un recente studio ha infatti documentato la presenza di residui di farmaci e cosmetici nelle acque superficiali e reflue del Kongsfjorden, un fiordo situato nelle remote isole Svalbard.
Frutto di una ricerca condotta da un gruppo di scienziati internazionali, lo studio evidenzia una contaminazione preoccupante e persistente, dovuta in gran parte all’attività delle basi scientifiche presenti nella zona e, in misura crescente, al trasporto atmosferico e marino che spinge gli inquinanti a latitudini estreme.
Antibiotici e repellenti tra i contaminanti rinvenuti
L’analisi ha rilevato una lunga lista di sostanze chimiche, tra cui antibiotici, ormoni, antipiretici, caffeina e persino repellenti per insetti. Questi composti, provenienti soprattutto dalle acque reflue delle stazioni di ricerca, si sono dimostrati altamente persistenti a causa delle rigide condizioni artiche che rallentano i normali processi di degradazione.
Un dettaglio particolarmente allarmante è la capacità di questi contaminanti di interferire con i meccanismi ormonali degli organismi marini, influenzando la loro sopravvivenza e riproduzione. In alcuni casi, si è osservato anche un potenziale incremento della resistenza agli antibiotici, problema già critico a livello globale.
Ecosistemi vulnerabili senza adeguate difese
Il problema è aggravato dall’assenza di sistemi efficaci per il trattamento delle acque reflue nelle strutture presenti nell’area. Le basse temperature e la scarsa esposizione alla luce solare rallentano ulteriormente la degradazione naturale dei composti chimici, favorendone l’accumulo negli ecosistemi marini artici.
I ricercatori sottolineano l’urgenza di attuare misure concrete, a livello internazionale, per monitorare costantemente questi nuovi inquinanti e limitarne la diffusione. L’Artico, con la sua biodiversità tanto affascinante quanto fragile, si trova oggi esposto a rischi che un tempo sembravano impossibili in un ambiente tanto remoto.
Serve una risposta globale
Questo studio si inserisce in un quadro sempre più chiaro: l’Artico non è più un’oasi inviolata. I contaminanti emergenti rappresentano una minaccia silenziosa e subdola, che richiede un approccio scientifico integrato e una risposta politica tempestiva.
Secondo gli autori, solo un impegno condiviso potrà preservare la biodiversità delle regioni polari e ridurre l’impatto delle attività umane su uno degli ecosistemi più delicati del pianeta.